Dalle ferrovie alle greenway: un appello alle istituzioni

Gli operatori economici del settore turismo chiedono a gran voce che si faccia di più per favorire lo sviluppo del cicloturismo in Sicilia.



È un fatto ormai noto che il cicloturismo è un settore che genera in Europa fatturati miliardari. Per il 2014 il Parlamento Europeo ha calcolato ad esempio un giro d’affari di 44 miliardi di euro all’anno. In Italia alcune regioni, come il Trentino Alto Adige e la Toscana, hanno già da anni puntato sulle vacanze in bicicletta mentre altre, come la Puglia, ne hanno recentemente intuito le potenzialità e si stanno dando da fare, con ottimi risultati. E in Sicilia? 
 
Si potrebbe fare tantissimo per favorire lo sviluppo del cicloturismo in Sicilia, e invece si fa veramente poco. I tour operator (stranieri, italiani e siciliani) che lavorano in questo settore devono far fronte alle difficoltà del contesto culturale e infrastrutturale. L’entusiasmo di chi ci crede (agenzie di viaggio specializzate, strutture ricettive bike-friendly, associazioni di cicloamatori) si scontra quotidianamente con una grande varietà di ostacoli: la carenza di piste e percorsi ciclabili, la scarsa manutenzione dei pochi attualmente in funzione, le cattive condizioni dell’asfalto, i cumuli di immondizia ai margini delle strade, la quasi totale assenza di infrastrutture dedicate e la scarsa attenzione/distrazione delle pubbliche amministrazioni rispetto a queste tematiche.
 
 Non sono le fonti di finanziamento che mancano, quanto piuttosto la volontà politica. Sembra che la classe dirigente siciliana (a livello regionale, provinciale e nei singoli comuni) non abbia ancora recepito e compreso le reali potenzialità del cicloturismo, non abbia capito né il valore culturale né quello in termini puramente economici che questo settore potrebbe avere a vantaggio dei territori attraversati. Sembra che l’atteggiamento sia ancora quello di un anacronistico snobbismo per una forma di turismo a torto ritenuta “povera”.
 
Eppure sono tanti gli interventi che potrebbero essere fatti, anche nell’immediato. Prendiamo ad esempio il caso dei percorsi ciclabili. In Sicilia ci sono circa 1200 chilometri di ferrovie abbandonate che potrebbero essere trasformate in greenways. I tracciati di queste ferrovie dismesse sono i luoghi ideali in cui far nascere percorsi ciclabili: sono immerse nel verde, attraversano aree ricche di storia mettendo in comunicazione l’entroterra con la costa e le pendenze sono contenute entro certi limiti (per poter consentire un tempo la circolazione dei treni a vapore).
 
Delle attuali ferrovie siciliane abbandonate, solo una minima parte è già stata riconvertita in greenway. Su di questa ci sarebbe tanto da fare in termini di manutenzione e di migliorie: tenuta del manto stradale, alberature per garantire percorsi ombreggiati e protezione del suolo dall’erosione, segnaletica, illuminazione delle gallerie.
Dei restanti tracciati cosa si intende fare?
 
Prendiamo uno dei casi più interessanti: la ex ferrovia Palermo-Camporeale. Fermiamoci ad analizzare i primi otto chilometri, che collegavano Palermo a Monreale. A quale tour operator specializzato (o meno) in cicloturismo o trekking non farebbe gola l’idea di offrire ai propri clienti un collegamento sicuro, libero dal traffico, con le giuste pendenze fra il capoluogo siciliano e la principale attrazione turistica nelle sue immediate vicinanze? Entrambi i siti sono da poco entrati a far parte del prestigioso insieme di beni culturali sottoposti alla tutela Unesco, nell'ambito dell’ “Itinerario Arabo - Normanno", nella qualità di beni riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità. Il percorso che attraverserebbe alcuni “polmoni verdi” della parte ovest della città che, come oasi, emergono dal tessuto urbano pesantemente cementificato, collegandole fra loro e preservandole da ulteriori scempi urbanistici: il Parco Uditore, la Villa Turrisi, Fondo Luparello, le falde di Monte Caputo e l'ex riserva reale di Boccadifalco (comprendente il tratto di collegamento fra Palazzo Reale-Parco Cassarà e l'ex tracciato ferroviario, attraverso i percorsi lungo l'argine del canale Boccadifalco) .
 
Di fatto, il Comune di Palermo ha già preso un impegno formale per la realizzazione di un “parco lineare” sui terreni della ex ferrovia. Su tale progetto convergono gli sforzi di alcune associazioni di cittadini, fra gli altri il Coordinamento Palermo Ciclabile/FIAB, Legambiente, il WWF, Libera, il Comitato Professionisti Liberi, la nuova associazione Parco Villa Turrisi nonché lo stesso Comitato Addiopizzo: una battaglia nel nome vivibilità urbana, del verde, della mobilità leggera, dei Beni Comuni.  La greenway figura peraltro fra gli interventi prioritari di valorizzazione dell'itinerario Arabo-Normanno, previsti dal protocollo Unesco-Comuni di Palermo e Monreale.
Eppure siamo ancora lontani dal risultato finale, anche perché possibili errori di percorso amministrativo potrebbero renderne più complessa la realizzazione.
 
Alle voci dell’associazionismo cittadino si uniscono anche quelle degli operatori economici del settore turismo, che sono portatori di interesse per i quali la greenway fra Palermo e Monreale costituirebbe un evidente vantaggio.  Ci si augura quindi che le istituzioni comunali, quali soggetti programmatori attuatori degli interventi, assieme a quelle preposte alla promozione turistica, comprendano quanto i tour operator che puntano sul cicloturismo e sul trekking abbiano bisogno di interventi di questo tipo, che permettano loro di offrire al viaggiatore le condizioni minime per la fruizione del territorio, e affinché si dia concretezza a un progetto che per il momento è soltanto una promessa.